Urtica dioica L.

Fam. Urticaceae

Cenni botanici e storia dell’uso dell’ortica
L’ortica è una pianta erbacea perenne o annuale presente spontanea nelle regioni temperate e tropicali di tutto il mondo. In Italia esistono numerose specie del genere Urtica: Urtica dioica L, comunemente chiamata ortica, perenne e alta fino a due metri, è la specie più diffusa e conosciuta; Urtica urens L. o ortica minore, annuale, alta fino a 30 cm, diffusa soprattutto al nord e nelle isole; Urtica pilulifera L, detta anche ortica romana o ortica a campanelli, presente soprattutto nelle zone costiere; Urtica atrovirens Req. ex Loisel., perenne, alta tra i 30 e i 90 cm, si trova in Sardegna e in Toscana e Urtica membranacea Poir. (sin. U. dubia Forsk., U. caudata Vahl), diffusa in Italia centrale e meridionale. Presenta un rizoma ramificato, strisciante, cavo all’interno e ramificato alla base, con fusto quadrangolare. Le foglie sono ovali, opposte, lungamente picciolate, allungate e dentate al margine. I fiori sono di colore giallo-verdastro, dioici, piccoli, sono riuniti in spighette pendenti sotto le foglie, se femminili, mentre quelli maschili sono eretti. Il frutto è un achenio ovale, piccolo con un ciuffo di peli all’apice. Tutta la pianta è provvista di peli urticanti cavi all’interno e rigonfiati alla base.
L’ortica, in particolare Urtica dioica L., è una delle specie medicinali più anticamente conosciute ed usate. Il ritrovamento di una ciotola dell’Età del Bronzo il cui contenuto è risultato essere una zuppa di ortiche testimonia che le ortiche figuravano già da tempo nella dieta dell’uomo. Nell’Antico Egitto gli infusi di ortica erano impiegati per alleviare i dolori dell’artrite e del mal di schiena e si praticava ciò che viene definita “orticazione”, una flagellazione con un fusto fresco d’ortica con cui si tentava di curare il tifo, il colera e i reumatismi cronici. Le sue proprietà curative furono descritte dal padre della medicina, Ippocrate (460-377 a.C.), che le utilizzava in almeno 61 preparazioni. Dopo di lui il medico romano Galeno, oltre a sfruttare le proprietà diuretiche e lassative delle foglie, le usava per il trattamento dell’asma, della pleurite e delle malattie della milza. I soldati romani la utilizzavano per trattare la stanchezza muscolare e i reumatismi. Nel Medio Evo l’ortica trova nuovi impieghi in medicina: herpes, stipsi e problematiche legate a naso, gola e cute. Infine, le ortiche sono usate in cucina sin dai tempi dei Greci e dei Romani in tutta Europa, e costituiscono ancor oggi un alimento diffuso nelle aree rurali.
Composizione fitochimica e proprietà dell’ortica
L’ortica, da sempre considerata un’indesiderata urticante “da evitare”, è in realtà una pianta preziosissima per la nostra salute. Rappresenta infatti una ricca fonte di nutrienti. Le foglie fresche contengono circa il 90% umidità, fino al 3,7% di proteine, 0,6% di grassi, 2,1% di ceneri, 6,4% di fibra alimentare e 7,1% di carboidrati; la farina di foglie d’ortica contiene, invece, il 30% proteine, 4% grassi, 10% di fibra, 15% di ceneri e il 40% di carboidrati. Considerata l’elevata percentuale di proteine, l’ortica rappresenta una buona fonte di amminoacidi essenziali, addirittura migliore rispetto ai profili amminoacidici di altre verdure a foglia come i cavolini di Bruxelles (Brassica oleracea L.). La farina d’ortica dunque, incorporata nell’impasto di pasta, pane o noodles, può essere utilizzata a pieno titolo come supplemento ricco di proteine soprattutto nelle diete a base di alimenti amidacei. Le foglie d’ortica contengono anche un elevato numero di composti biologicamente attivi, come i terpenoidi, i carotenoidi (fra i quali il β-carotene, la neoxantina, la violaxantina, la luteina e il licopene), gli acidi grassi (in particolare l’acido linoleico e linolenico e l’acido palmitico), alti livelli di vitamine A, C, E, numerosi composti polifenolici, clorofilla, tannini, steroli, polisaccaridi e isolectine. L’ortica ha numerose proprietà farmacologiche tra le quali attività anti-proliferativa, anti-infiammatoria, antiossidante, immunomodulatoria, analgesica e anti-nocicettiva, antiulcera, antibatterica, antivirale, antimicotica, antidiabetica e anti-allergica. Agisce sul sistema nervoso centrale come una pianta adattogena, cioè in grado di aiutare l’organismo a fronteggiare lo stress, potenziando i meccanismi di adattamento che il corpo mette in atto. Agisce sul sistema cardiovascolare, diminuendo la pressione arteriosa (effetto ipotensivo), ha effetto sulla iper-lipidemia e sulla aterosclerosi. L’ortica, infine, è una pianta con azione remineralizzante in quanto è ricca di minerali, in particolare di ferro, calcio, zinco, potassio, fosforo, e magnesio.

Tecniche colturali

Terreno ed ambiente
L’ortica cresce spontanea quasi ovunque: predilige terreni freschi ricchi di sostanza organica, sopporta bene la siccità, il freddo, e tutte le intemperie.
Propagazione
L’ortica si propaga via seme e per via vegetativa. Per ottenere una varietà pura ed omogenea si ricorre alla propagazione per via vegetativa, dato che la propagazione per seme è poco praticabile per l’alto grado di eterozigosi dei genitori che determina una generazione successiva troppo eterogena. In particolare, l’ortica si propaga molto agevolmente per talea ed un substrato ottimale per l’emissione delle radici è l’agriperlite. Nel caso in cui le talee siano prodotte in periodo invernale, potrebbe essere utile fare ricorso al riscaldamento basale. Dopo 10-12 giorni, le talee prodotte possono essere trasferite in contenitori alveolari con terreno composto da 50% torba, 30% terra, 10% sabbia e 10% agriperlite prima della messa a dimora in pieno campo. Infine, per la produzione di piante madri è consigliabile la coltura in vitro. La semina si effettua in settembre o primavera e può essere eseguita direttamente in pieno campo, purchè ci sia un terreno ben lavorato ed affinato. In estate, invece, si può ricorrere anche alla semina in semenzaio effettuando poi il trapianto nei mesi autunnali o invernali.
Sesti d’impianto
Se si tratta di una coltura intensiva si utilizza una densità ottimale di 40.000 piante/ha con un sesto d’impianto di 50×50 cm; nel caso di coltura non estensiva si preferisce invece una densità di 26.000 piante/ha con sesto d’impianto di 75x50cm. Se l’impianto è destinato alla raccolta delle sole giovani foglie, l’impianto può anche presentare file più ravvicinate, fino ad una densità di 16 piante/m2; si preferiscono densità minori di circa 10 piante/m2 per gli impianti adibiti a produzione del seme. Per la messa a dimora delle giovani piante, effettuata generalmente tra aprile e maggio o in epoca autunnale, ci si avvale delle macchine trapiantatrici.

Cure colturali

Pur essendo considerata una specie infestante e dotata di grande rusticità, la coltivazione dell’ortica necessita di un’attenta preparazione del terreno che prevede inizialmente un’aratura e letamazione di fondo nel periodo autunnale-invernale, seguita da operazioni di fresatura, rullatura ed eventuale pacciamatura in primavera. Per quanto concerne la gestione agronomica dell’ortica, questa viene messa in rotazione colturale con la canapa (Cannabis sativa L) per la sua funzione rinettante sulle infestanti e con il lupino (Lupinus sp.) oppure con altre leguminose per l’arricchimento in azoto del terreno. Altre rotazioni possibili sono quelle con la patata (Solanum tuberosum L) o con la barbabietola da zucchero (Beta vulgaris L.). Non esistono informazioni su problemi di monosuccessione di tale coltura.
A causa dell’elevata concimazione con sostanza organica, le infestanti sono abbastanza frequenti; per il loro contenimento si rendono necessari alcuni interventi di scerbatura manuale o sarchiatura meccanica. Nel caso di coltura intensiva tale controllo è già favorito da un sesto d’impianto ridotto, mentre in coltura estensiva è necessaria l’entrata in campo di macchine per la sarchiatura. Inoltre, risultano fondamentali gli interventi soprattutto nelle prime fasi di sviluppo della pianta e dopo ogni sfalcio, essendo l’ortica una pianta che con il suo sviluppo vegetativo chiude rapidamente l’inter-fila impedendo o riducendo al minimo lo sviluppo delle malerbe. Altra strategia di lotta alle infestanti consistono nel far precedere la coltivazione da una coltura rinettante oppure procedere con frequenti erpicature del letto di semina. Di solito dopo il primo anno, non permangono problemi di questo genere, a causa della dominanza dell’ortica sulle altre piante.

Fertilizzazione

Per quanto riguarda le fertilizzazioni, le più importanti sono quelle azotate; si consiglia una dose di 250-300 kg/ha di N come CaNO3 da distribuire in primavera in due applicazioni, una in aprile e una in giugno. In condizioni di suolo di media fertilità invece non è necessario intervenire con dosi importanti di altri elementi minerali; soltanto nel caso delle colture intensive si fa ricorso anche a fertilizzazioni potassiche e fosfatiche nella dose di 150-180 kg/ha di K2O e 40-50 kg/ha di P2O5. Nelle coltivazioni estensive, invece, si preferiscono basse dosi di fertilizzanti e sovesci di leguminose piantate insieme all’ortica nell’interfila. Si utilizzano generalmente miscugli di trifoglio (Trifolium repens L) e il loietto perenne (Lolium perenne L) raccomandati insieme a concimazioni organiche a base di letame, nella dose di 500q/ha. Ogni anno è possibile apportare 70-80 unità di azoto/ettaro alla ripresa vegetativa, oppure distribuito dopo ogni sfalcio per stimolare il ricaccio.

Raccolta e resa

Tempi e modalità di raccolta sono strettamente legati al prodotto finale. Nelle coltivazioni per uso erboristico o alimentare, in cui si utilizzano le foglie, la raccolta si esegue tagliando la parte epigea poco prima della fioritura o quando il fusto è ancora erbaceo. Nel primo anno di impianto spesso viene eseguita una sola raccolta prima della fioritura della pianta, dal secondo anno in poi si eseguono dai 2 ai 4 sfalci annui. In generale, la raccolta si esegue sia manualmente che meccanicamente, quest’ultima grazie ad una mietitrebbia modificata negli apparati di taglio e di conferimento della pianta al gruppo di trebbiatura con il duplice scopo di estrarre i semi e di convogliare le parti verdi in contenitori appositi. La produzione media di prodotto verde riferita ad un ettaro di impianto in piena produzione è variabile fra i 100 e i 130 q/ha, il calo verde/secco sarà di 3 a 1, rimanendo circa 30-50 q di pianta essiccata; con la defogliazione la resa complessiva si riduce del 40% rimanendo complessivamente 20-30 q circa. L’ortica appena tagliata deve essere portata rapidamente in essiccatoio per evitare la perdita dei principi attivi e del colore delle foglie. A causa del notevole contenuto di acqua, le parti epigee non dovranno essere eccessivamente stratificate e l’essiccazione dovrà essere eseguita il più velocemente possibile. Una tecnica impiegata da alcune aziende consiste nel tagliare i giovani steli a qualche cm da terra e nel farli passare in una taglierina, provvedendo solo dopo alla sistemazione delle parti sminuzzate in un essiccatoio.